Intervista a Giuseppe Montanini, presidente della Federazione Italiana Shiatsu Insegnanti e Operatori
Presidente Montanini, può spiegare in breve che cos’è lo shiatsu?
Lo shiatsu è una vera e propria professione, e come tutte le professioni ha una sua cultura specifica che è necessario approfondire per poter poi praticare le tecniche apprese.
Quale percorso è necessario svolgere per diventare operatori shiatsu?
Bisogna necessariamente frequentare una scuola che abbia un programma minimo triennale, che abbia almeno 750 ore frontali teorico/pratiche, dunque in classe con l’insegnante. Poi si devono svolgere anche 450 ore di pratica (anche senza l’insegnante) nel corso del triennio. Ciò è necessario perchè l’operatore non deve solo apprendere una cultura specifica e una tecnica, ma deve anche compiere un addestramento per poter raggiungere quella consapevolezza – di sé e della tecnica – indispensabile per praticare lo shiatsu.
In che cosa si differenzia l’attività di un operatore shiatsu da quella di un’estetista?
La legge sulle estetiste è molto chiara: le estetiste compiono massaggi e il loro lavoro riguarda “tutte le prestazioni e i trattamenti eseguiti sulla superficie del corpo umano il cui scopo esclusivo o prevalente è di mantenerlo in perfette condizioni, di migliorarne o proteggerne l’aspetto estetico modificandolo attraverso l’eliminazione o l’attenuazione degli inestetismi presenti”.
Lo shiatsu è una disciplina bionaturale, dunque non ha una funzione esclusivamente terapeutica né tanto meno estetica. Come lo si può inquadrare?
Lo shiatsu come tutte le discipline olistiche si prende cura dell’intera persona. Non ha mai una sola finalità. Questa è la tipica classificazione che riguarda le discipline occidentali, che hanno una diversa filosofia e si possono incasellare più facilmente (es. a scopo terapeutico o estetico). Nelle discipline occidentali la persona viene suddivisa nelle sue varie componenti: un certo trattamento o una certa sostanza fanno bene per una cosa e fanno male per un’altra. Le discipline orientali non compiono invece questa distinzione, perché operano sulla persona nel suo complesso, non hanno mai una finalità univoca, e possono quindi essere utilizzate per migliorarne qualsiasi aspetto. Non sono terapeutiche perché non hanno controindicazioni: la nostra tecnica è fatta apposta per non danneggiare in alcun modo la persona, che sia sana o malata.
Se dovessimo quindi definire la finalità dello shiatsu con una formula sintetica?
Il fine dello shiatsu è prendersi cura della vitalità della persona. Vitalità è un termine che va oltre la parola “benessere” utilizzata in campo estetico. Lo shiatsu è praticato negli ospedali in ambito terapeutico, ma anche in ambito sportivo ecc. E’ adatto per ogni attività umana, perché prendendosi cura della persona ne migliora lo stato emotivo, chimico e muscolare. Migliora sostanzialmente lo stato complessivo della persona. Paradossalmente l’aspetto meno importante è proprio quello estetico. Non a caso l’attività di estetista ha a che fare con artifici come trucco, ricostruzione unghie, depilazione, l’eliminazione di punti neri e cellulite. Si tratta di modificazioni artificiali del
corpo umano che nello shiatsu non esistono. La nostra disciplina non modifica in senso visibile la persona così come non modifica in senso chimico la persona come fanno i medicinali. E non ci sono nemmeno, ad esempio, pratiche riabilitative mirate, tipiche dei fisioterapisti. Lo shiatsu invece sollecita semplicemente la reazione della vitalità della persona. Questa pratica, se svolta da un
professionista, non può in alcun modo recar danno alla persona. Ecco perché lo shiatsu non ha nulla a che fare col trattamento estetico o fisioterapico.
In Italia è riconosciuto il mestiere dello shiatsuka? C’è un vuoto normativo nella nostra legislazione?
In un periodo in cui si parla tanto di liberalizzazioni e di deregolamentazione diverse regioni ed enti locali stanno andando esattamente in direzione contraria. Nel nostro Paese esiste il principio fondamentale della libertà di iniziativa economica: è un diritto costituzionalmente garantito.
E di conseguenza l’articolo 2229 del codice civile dice espressamente che la legge determina le professioni intellettuali per l’esercizio delle quali è necessaria l’iscrizione in albi od elenchi . Il principio generale è, infatti, quello della libertà di esercizio delle attività economica. Quando ci contestano di non essere inquadrati in nessuna “categoria” prevista da leggi o regolamenti e per
questo ci considerano quasi una anomalia, stanno in realtà negando il diritto e il principio costituzionale della libertà di esercizio delle attività economiche.
Nelle leggi regionali di Toscana e Lombardia si fa poi espresso riferimento alle discipline bionaturali e si chiarisce che esse non appartengono all’area delle discipline terapeutiche o estetiche. Ad esempio nella legge della Toscana si legge: “Si intendono per discipline bionaturali le
pratiche e le tecniche naturali, energetiche, psicosomatiche, artistiche e culturali esercitate per favorire il raggiungimento, il miglioramento o la conservazione del benessere globale della persona.
Tali discipline non si prefiggono la cura di specifiche patologie, non sono riconducibili ad attività di cura e riabilitazione fisica e psichica erogate dal servizio sanitario nazionale… Finalità di queste discipline: approccio globale alla persona, lo scopo è il miglioramento della qualità della vita attraverso la stimolazione delle risorse vitali della persona…” Questa definizione, nella quale si
identifica lo shiatsu, spiega perché la nostra disciplina non si può incasellare in una sola categoria: lo shiatsu non ha una sola finalità specifica.
Lei auspica che anche le altre regioni seguano l’esempio di Toscana e Lombardia?
Certamente sarebbe auspicabile, ma la Corte Costituzionale ha molto ristretto la competenza regionale in Materia di nuove professioni. Ma spesso sono anche gli enti locali a creare regolamenti ostili alle discipline bionaturali.
Questo perché c’è una sorta di “orrore” del vuoto legislativo. Siccome non c’è una legge bisogna riempire questo vuoto, e non si riesce a concepire la libertà. Nel comune di Torino, ad esempio, il regolamento sulle estetiste riportava integralmente il testo della legge, e non si applicava dunque
allo shiatsu. Poi però tale regolamento è stato modificato, ed è stato aggiunto al testo originario una frase in cui sostanzialmente si dice che rientrano nell’attività di estetista tutti i trattamenti eseguiti sul corpo umano. Si tratta di un provvedimento errato perché – esistendo il principio costituzionale di libertà di esercizio dell’attività economica che solo la legge può limitare – non si può interpretare estensivamente questa legge.
Nei regolamenti si parla di “massaggi”, ma nello shiatsu non si praticano massaggi, è così?
Non esiste il “massaggio shiatsu”. L’attività codificata nei manuali di massaggio occidentali, studiata da estetisti e fisioterapisti, è una tecnica che prevede manipolazione, strofinamento, impastamento, sfioramento che viene eseguito sulla superficie della pelle della persona, talvolta con
l’uso di oli o creme sulla pelle. Lo shiatsu si esegue al contrario su una persona vestita, non prevede strofinamenti , impastamenti o sfioramenti ma semplicemente pressioni esercitate in modo perpendicolare con il pollice, il palmo, l’avambraccio, il gomito o il ginocchio. E’ completamente diverso dal massaggio, anche perché nello shiatsu le pressioni sono ferme, mantenute, c’è pressione costante. E’ una tecnica che richiede dunque una preparazione totalmente diversa: il massaggio si esegue con i muscoli, non a caso nei bagni turchi i massaggiatori sono tradizionalmente persone grosse e muscolose, mentre invece lo shiatsu non si pratica con i muscoli ma con il peso del corpo, appoggiandosi sulla persona. Queste norme hanno messo in difficoltà il mondo dello shiatsu, diversi operatori hanno già dovuto chiudere la propria attività, ma da più parti si ritiene che il vero obiettivo dei nuovi regolamenti siano i centri massaggio cinesi che stanno proliferando nelle città italiane. A tale proposito ci sono state accese polemiche, c’è chi ha parlato di razzismo e calcolo politico. La Confederazione nazionale dell’Artigianato replica spiegando che così si tutela la salute dei cittadini e “si elimina quella zona grigia fatta di scarsa professionalità ed evasione fiscale” alludendo al fatto che spesso si lavora a domicilio ed in nero. Lei cosa pensa di tutto ciò? Non crede che gli operatori shiatsu siano delle “vittime collaterali” di questo scontro?
Noi siamo sicuramente delle vittime collaterali, ma speriamo di uscirne rapidamente perché tutti questi discorsi non ci riguardano. Nessuno può accusarci di scarsa professionalità, anzi siamo gli unici competenti nel nostro campo (estetisti e fisioterapisti, infatti, non studiano lo shiatsu nel loro iter formativo). La nostra professione richiede una lunga formazione e una cultura specifica molto
approfondita, e non possiamo non contrastare i regolamenti, come quello del comune di Torino, che sembrano voler sottrarre lo shiatsu ai professionisti competenti, con ovvio danno per l’utenza.
Ma nel caso in cui i centri shiatsu fossero tenuti ad assumere un’estetista, non le farebbero certamente svolgere le tecniche di manipolazione proprie della vostra disciplina.
Certamente. Bisogna dire che molte estetiste hanno studiato shiatsu e molte mi hanno personalmente confermato grandi difficoltà nel compiere il vero shiatsu nei loro centri estetici, perché si tratta di un’utenza completamente diversa. Chi va da un’estetista si aspetta un massaggio,
non un trattamento shiatsu. Pertanto molte estetiste sostengono che non si possono mischiare le due attività, proprio perché hanno due utenze diverse. Questo dimostra che lo shiatsu non toglie la clientela alle estetiste, e lo dimostra il fatto che fino ad oggi non c’è stato alcun conflitto tra le due categorie.
In passato ci sono stati invece dei conflitti con i fisioterapisti?
Sì perché c’era stata un’interpretazione secondo cui lo shiatsu era terapeutico, e doveva quindi essere riservato ai fisioterapisti. Tutte le sentenze hanno però dimostrato che lo shiatsu non ha una specifica finalità terapeutica, e non fa parte delle professioni sanitarie.
Lei è presidente della Federazione italiana Shiatsu insegnanti e operatori. E’ una delle più grandi associazione della categoria?
Si ed ora rappresenta l’unione di cinque associazioni di operatori e di insegnanti. Gli operatori della nostra federazione non pubblicizzano né svolgono attività terapeutica. Mi auguro che anche con le estetiste si giunga ad un definitivo chiarimento.
In quali ambiti viene utilizzato lo shiatsu?
Tengo a sottolineare che lo shiatsu viene utilizzato anche negli ospedali, nelle comunità di recupero, nelle carceri, non perché abbia una finalità esclusivamente terapeutica, ma perché il medico se ne avvale come supporto all’attività terapeutica.
Nel suo ruolo di presidente della Federazione come intende tutelare gli interessi della sua categoria?
Noi vogliamo arrivare ad un riconoscimento istituzionale dell’operatore shiatsu come professionista autonomo, dotato di un suo iter formativo caratteristico, che può essere erogato solo da scuole di formazione specifiche che ichiedano un’alta professionalità. Lo shiatsu è una disciplina orientale
che si apprende solo da un insegnante che abbia almeno 15 anni di attività.
Questo vi metterebbe al riparo da futuri “attentati” legislativi.
Certamente. Questo si potrebbe ottenere anche se il governo approvasse una norma che riconosca le associazioni dei professionisti. Oggi in Italia ci sono più di 300 professioni non regolamentate, si farebbe molto prima a riconoscere le associazioni professionali che possono avere la funzione di
garanzia per gli operatori e per gli utenti. La Federazione Italiana Shiatsu Insegnanti e Operatori, ad esempio, avrebbe un elenco dei suoi professionisti che tutti potrebbero consultare. Sarebbe il migliore incentivo per mantenere alta la qualità in un contesto di concorrenza tra le associazioni. Non si tratta quindi di mettere steccati, ma di essere riconoscibili al pubblico. Questa norma riconoscerebbe la specificità dello shiatsu, che non ha nulla a che vedere con i centri estetici.
Quali pericoli corre oggi la vostra professione?
Noi abbiamo una doppia precarietà, tipica del lavoro autonomo non regolamentato, che in Italia riguarda oltre 3.700.000 persone. Da un lato c’è la precarietà fisiologica del professionista autonomo, che può fallire in qualsiasi momento. Questo fa parte del rischio che un professionista
assume quando intraprende questa strada. I professionisti non regolamentati soffrono però di una seconda precarietà, che non dovrebbe esistere: da un giorno all’altro la loro attività potrebbe diventare illecita. E’ una precarietà che non permette il libero sviluppo di queste professioni.
Teniamo presente che tutte le professioni legate ai servizi alla persona sono in grande aumento, ma i giovani hanno timore a intraprendere questa strada perché non possono accettare questa precarietà e preferiscono formarsi in professioni regolamentate, anche a rischio di rimanere disoccupati. E’ una dinamica che impedisce lo sviluppo armonico dell’economia. Ecco perché è essenziale una forma
di riconoscimento che garantisca, nel senso detto, la “sicurezza” della nostra professione.
Maggio 2012 intervista a cura dell’addetto stampa FISieo
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